Un mercato in contrazione quello immobiliare, trasversalmente in tutte le asset class, con la componente residenziale, laddove esprime una forte carenza di alloggi in affitto, che diventerà, da settembre, potenzialmente esplosiva. L’assenza di “senso dell’urgenza”, l’incapacità a comprendere la dimensione dei problemi reali, se non quando si verifica qualcosa di straordinario, è alla base delle difficoltà dell’Italia a trovare soluzioni. E, assicura a Pambianco Real Estate Luca Dondi Dall’Orologio, amministratore delegato di Nomisma, vista la grave carenza di offerta nel mercato della locazione residenziale, le reazioni saranno importanti. E se il mercato dell’affitto breve comprime ulteriormente l’offerta a medio e lungo termine, non è con imposizioni ai proprietari o con soluzioni muscolari che si può affrontare il tema. Va costruita una alleanza tra privato e amministrazioni locali.
Partiamo dal contesto. In che stato versa il mercato immobiliare e cosa dobbiamo attenderci nei mesi a venire?
“Il rallentamento delle compravendite è un fenomeno che si è affacciato in chiusura dello scorso anno e si è intensificato sul finire di questo e andrà ulteriormente intensificandosi tra il secondo e terzo trimestre. Non c’è stato un calo delle intenzioni di acquisto che si è trasferito sulla domanda di mutui e quindi sul numero delle compravendite. La flessione è già evidente nell’ultimo trimestre del 2022 e ancor più nel primo del 2023 e sarà ulteriormente accentuata nel secondo trimestre. Si tratta di dinamiche in larga parte prevedibili perché veniamo da una fase di grande crescita post convid, dove c’è stata un’impennata delle intenzioni di acquisto legata anche a quello che si è vissuto. Ora, con il deterioramento del quadro economico e con prospettive di crescita più contenuta se non addirittura recessione, con l’aumento dei tassi di interesse, con un atteggiamento delle banche più selettivo, era logico attendersi una riduzione del numero di compravendite quasi fisiologica. Quest’ultima si sta distribuendo su un orizzonte temporale un po’ più lungo rispetto a quello che si era ipotizzato, tanto che ci immaginiamo una flessione delle compravendite non solo per quest’anno, ma anche per il prossimo. Quindi un impatto meno accentuato su quest’anno rispetto alle ipotesi che facevamo alla fine dello scorso, ma più consistente se guardiamo all’evoluzione sul biennio e dunque considerando il 2023-2024. Queste dinamiche si trasferiscono sui prezzi con ritardo. Abbiamo ancora una evoluzione positiva da un punto di vista nominale che però non copre l’inflazione e dunque vediamo un calo dei valori in termini reali. Si tratta di un andamento tipico del mercato immobiliare italiano dove l’interiorizzazione a livello di valori delle domande di compravendita è lenta, c’è scarsità di offerta, c’è un’offerta che in qualche modo resiste rispetto alla evoluzione del contesto e dunque ingloba con ritardo le condizioni che sono mutate. Quale sarà l’impatto sui valori è difficile dirlo. Dipende quanto andrà avanti il deterioramento macroeconomico e dunque, se dovesse proseguire l’incremento dei tassi – si dà per scontato l’incremento di un quarto di punto ulteriore nella riunione della Bce di luglio, che auspicabilmente sarà l’ultimo -, bisogna capire se e quanto questo ulteriore incremento possa aumentare le possibilità di recessione. E’ chiaro che un quadro recessivo aumenta la prudenza nella domanda delle banche a erogare e dunque in qualche modo allungherebbe l’incremento della crescita. Rispetto all’andamento del mercato corporate, dei grandi investimenti, l’attività ha subito un vero e proprio crollo: siamo passati da 8,6 mld del primo semestre del 2022 ai 2,2 del primo del 2023. Qui è evidente perché c’è un processo immediato di adeguamento della domanda alle condizioni di contesto e quindi è un mercato molto più allineato in termini di dinamiche e dunque più consapevole: non risponde a un’esigenza di utilizzo diretto e primario, ma a una logica di investimento, più legata alla situazione economica generale, all’andamento degli investimenti alternativi: è una reattività maggiore che è fisiologica, nella logica delle cose”.
Si tratta di prudenza a suo avviso, da parte dei grandi investitori, oppure una vera e propria contrazione?
“Nei grandi investitori c’è preoccupazione rispetto a due aspetti. Uno è di carattere esogeno e dunque relativamente a quelli che saranno gli effetti del rallentamento dell’economia: quale sarà l’evoluzione del Pil, del mercato del lavoro, perché i dati sono ancora tranquillizzanti da questo itno di vista e io credo che ci sia ancora una componente di attesa rispetto al consolidamento di questi segnali. C’è un altro elemento di carattere settoriale: una crescita dei prezzi che nel segmento corporate significa una riduzione dei rendimenti. Tanta più domanda c’è, tanto più si comprimono i rendimenti. Questa contrazione è finita. E’ iniziato un movimento contrario a metà dello scorso anno, dunque stanno aumentando nuovamente i rendimenti. Ci si aspetta un aumento più significativo e dunque una contrazione dei prezzi, perché attraverso l’aumento dei prezzi si ha di fatto un repricing. Quindi, è come se ci fosse l’aspettativa di un ulteriore repricing per creare condizioni di equilibrio per un nuovo ingresso. Da una parte c’è preoccupazione per il quadro macroeconomico: non dimentichiamo la diffidenza con la quale nelle fasi di crisi l’Italia viene guardata dall’estero, la sostenibilità del debito e tutte le problematiche che ci portiamo dietro. Dall’altra parte ci attendiamo una maggiore reattività dei valori rispetto al contesto: nel residenziale c’è stato poco o nulla, nel corporate un po’ di più. L’aspettativa degli investitori è che ci sia ancora di più rispetto a quanto non sia accaduto fino ad oggi”.
Da un punto di vista dei segmenti di mercato, il luxury sta vivendo anch’esso una contrazione ma inferiore. Soffrirà anch’esso e cosa dal punto di vista delle geografie?
“Rispetto ai segmenti, il rallentamento è in questo momento generalizzato. Tutte le tipologie hanno fatto registrare un aumento dei rendimenti. Anche la logistica, che è stato il settore più gettonato negli ultimi due anni, sta registrando un riprezzamento. Per quanto riguarda il commerciale non si tratta di una difficoltà congiunturale, ma riguarda il modello del centro commerciale. In questo caso, il numero di transazioni è davvero contenuto, proprio perché si aggiunge un problema congiunturale a un problema di struttura di questo mercato. Non ci sono differenze. Vero che all’alberghiero c’è mercato, ma altrettanto vero che tantissima offerta non ha mercato. Non ci si deve lasciare fuorviare dal fatto che c’è qualche transazione, perché l’Italia soprattutto sull’alberghiero è diversificato territorialmente e dunque è difficile fare un ragionamento complessivo. mi aspetto un riflesso del mercato residenziale nelle località turistiche perché comunque se è vero che la componente residenziale è più lenta a interiorizzare, la parte di investimento di questo mercato è più informata e reattiva rispetto alle informazioni do contesto e dunque mi aspetto che la componente sia la prima a rallentare. Il mercato turistico di quest’anno è meno brillante rispetto alla scorsa estate. E non è solo una questione di accesso al credito, perché questo segmento vive molto meno di accesso al credito rispetto alla parte ‘normale’. C’è un riflesso trasversale e credo che la fotografia migliore sia data dal fatto che le due città in cui le compravendite sono in calo da tre trimestri consecutivi sono Milano e Bologna. Vero che i valori sono rigidi e dunque non sono calati, ma i segnali di domanda sono evidenti sui mercati principali, su quelli che sono cresciuti di più. Quindi vuole dire che i mercati più dinamici fino a 12 mesi fa ci sono segnali di appannamento. Che la dinamica si trasferisca sui prezzi è prematuro perché c’è un carenza di offerta evidente e dunque quello che viene compravenduto difficilmente perde prezzo, proprio perché c’è scarsità e la meno domanda che c’è comunque si fa concorrenza su un’offerta limitata. Siccome il prezzo lo registriamo non sulle giacenze di mercato ma sulla parte transata, possiamo dire che questa mantiene il prezzo. Ma si riduce l’attività transattiva e il fatto che si sia ridotta in questi due mercati negli ultimi 9 mesi ai quali si aggiungono anche gli ultimi tre mesi appena conclusi rispetto a cui non abbiamo ancora i dati definitivi ma che saranno dati di calo, in qualche modo racconta bene che è la locomotiva dal punto di vista immobiliare che sta dando i segnali di frenata più consistente”.
Ci sarà sempre più difficoltà ad acquistare casa e contemporaneamente non abbiamo tutto questo patrimonio che viene messo in locazione e ciò determinerà ulteriori problemi.
“Ci sarà un trasferimento della domanda che non può accedere alla proprietà verso la locazione. Quest’ultimo è un segmento saturo, dove ci sono tante componenti di domanda: ci sono le famiglie, lavoratori, studenti, affitti brevi. Si aggiungono anche i proprietari che non possono perfezionare l’acquisto per ragioni di contesto e dunque un mercato che si satura ulteriormente. Un mercato in cui l’offerta è scarsa, non quella potenziale ma quella reale. Le famiglie proprietarie hanno immobili potenzialmente per saturare la domanda di locazione ma per scelta fanno un uso diverso: li tengono a disposizione, li tengono sfitti. C’è dunque da tentare un recupero al mercato della locazione degli immobili dei proprietari privati, che sono l’unico elemento in grado di aumentare l’offerta immediatamente. Con questi ultimi si deve fare un accordo piuttosto che andare allo scontro o tentare una manovra impositiva che limita le possibilità di utilizzo, perché rischia di essere inefficace e di non portare a un aumento dell’offerta in locazione a medio e lungo termine. Si devono aumentare le garanzie di sicurezza del reddito e di sgravio fiscale. Oggi la locazione breve ha una redditività doppia o tripla rispetto a quella tradizionale. Quindi cercare dei meccanismi di compensazione: pensare di farlo con un approccio muscolare,di negazione della possibilità di affitto breve, non necessariamente va a beneficio del segmento di medio e lungo. perché il rischio che si corre e che la famiglia multi-proprietaria piuttosto toglie dal mercato gli immobili”.
Cosa si deve fare dunque. Qual è la strada e quale l’approccio da perseguire?
“Sicuramente una via negoziale, fondi di garanzia locali rispetto alle morosità, forme di assicurazione rispetto ai danni che vengono eventualmente procurati all’immobile e poi una riduzione ulteriore della leva fiscale sulla proprietà destinata alla locazione soprattutto se a canone concordato. Tutti questi elementi non bastano. Bisogna cercare con fantasia ulteriori elementi che portino i proprietari a essere alleati dell’amministrazione nell’alimentare un mercato della locazione che non sia ‘mordi e fuggi’, non solo dei turisti, non opportunista, ma più legato a una visione di città. un tema culturale: bisogna tentare uno sforzo di alleanza per la ricchezza delle città che hanno bisogno della componente della locazione che non deve essere finalizzata solo alla massimizzazione del guadagno perché altrimenti porta a fare vincere le soluzioni brevi”.
Difficile fare passare il concetto al privato.
“Il privato è naturalmente e fisiologicamente opportunista. Bisogna che su questa strada si lavori non su altre con fantomatiche imposizioni che rischiano di di fare perdere tempo e non portare e nulla”.
C’è un tema di rigenerazione urbana, anche.
“E’ enorme e irrisolto, nel senso che si è molto detto e poco fatto e dunque bisogna interrogarsi sui motivi però bisogna farlo con il senso dell’urgenza. Il tempo è finito. Nel nostro paese manca il senso dell’urgenza e dei problemi che hanno impedito la rigenerazione urbana che sono le funzioni, la redditività, i valori delle aree, i tempi. Su queste cose bisogna essere molto chiari e netti: il valore delle aree è molto più basso rispetto a quello che è iscritto nei. Questo è un ostacolo alla rigenerazione urbana. In più si devono trovare delle funzioni che siano coerenti con gli obiettivi delle amministrazioni e con il fabbisogno che c’è in questo momento, che non è più quello di 15 anni fa. Non c’è più la medesima domanda di uffici e negozi di 15 anni fa. Oggi ci sono altre esigenze: studentati, senior housing, residenze per anziani, logistica, ricettività. Funzioni che non prendevamo in considerazione, mediamente meno remunerative. Quindi si deve partire dai valori di queste funzioni, riscrivere il business plan e chiedere alle amministrazioni corsie preferenziali perché non si può immaginare un processo urbanistico eterno. Ci vuole un’alleanza, prima con i proprietari e poi con i grandi proprietari”.
Esistono difficoltà anche normative che ostacolano questo percorso o sono solamente delle scusanti?
“Credo che il tema sia proprio il senso dell’urgenza. Nelle fasi straordinarie le soluzioni si trovano. Non vedo che ci sia una percezione dell’entità del problema perché altrimenti i tavoli sarebbero permanenti. Non ci si dimenticherebbe fino all’episodio successivo del problema della casa. Abbiamo sempre bisogno che qualche manifestazione ci ricordi che la situazione è drammatica. Da questo punto di vista abbiamo sempre bisogno di fatti eclatanti e credo che a settembre assisteremo a fatti eclatanti. Senza essere troppo negativo credo che a settembre ci saranno manifestazioni per la casa molto violente e avremo perso altro tempo, altri mesi”.
Dove si attendono queste manifestazioni?
“Dove i valori sono più elevati. E’ semplicissimo. Città universitarie a vocazione turistica saranno l’epicentro della protesta, con forme analoghe a quelle che abbiamo vissuto, come le tende degli studenti. La componente studentesca sarà la parte più agguerrita, ma altre forme di disagio coglieranno, mi verrebbe quasi da dire giustamente, l’occasione per fare sentire la propria voce. anche dove si sono state manifestazioni più blande e non massicce da indurre una preoccupazione sistematica, non mancheranno di ritornare a settembre”.