A fine 2019, secondo un rapporto di Scenari Immobiliari, erano quasi 20 milioni i metri quadri di aree dismesse in Lombardia. Nel biennio 2020 – 2022, Officine Mak ne ha acquisiti oltre 650.000 nell’hinterland milanese, chiudendo 12 operazioni tra aree rigenerate, complessi residenziali e poli logistici e commerciali. La società ha ora in pipeline la riqualificazione di 1 milione di metri quadri di aree abbandonate o dismesse entro il 2025. Controllata interamente dal gruppo Consonni, Officine Mak ha chiuso il 2022 con un fatturato di 80 milioni di euro, compra e converte terreni brownfield in greenfield in tempi rapidi, agendo come sviluppatore nelle aree a più elevata domanda residenziale, così rispondendo agli obiettivi nel Green Deal Ue e mostrando come la rigenerazione urbana sia un importante strumento per perseguire gli obiettivi di sostenibilità ed energetici. Ne abbiamo parlato con il CEO, Daniele Consonni, che ha lanciato l’allarme sulla carenza di mandopoera che si verificherà nei prossimi anni.
Rigenerazione urbana a partire da aree che richiedono un intervento. Come operate nello specifico?
“Si parte Innanzitutto da un’analisi condotta sul territorio, dove sono dislocate le aree dismesse più importanti; si cerca di capire il tipo di intervento necessario e se la destinazione sarà di natura logistica, commerciale o residenziale. Si compra all’asta o a credito con le banche, oppure dalle multinazionali direttamente, come è accaduto con Nokia a Cassina de’ Pecchi. Tutto questo non prima di avere verificato con il Comune di riferimento qual è l’intenzione su quell’area. Insieme all’amministrazione si inizia a costruire insieme un percorso di rigenerazione, che può avere a che fare con il residenziale o il commerciale: dipende dalla posizione e dalla situazione di mercato. Si lavora in collaborazione con l’ente pubblico, sulla base di quelle che sono le sue richieste. Quindi si procede alla bonifica, alla demolizione e alla costruzione cercando di mettere sempre a disposizione spazi verdi, di costruire con i materiali più eco-sostenibili possibili e case in classe A4 a A3. Nell’area di Cassina de’ Pecchi siamo intervenuti là dove c’era prima una fabbrica che produceva antenne. Abbiamo operato con Arpa, che fornisce sempre indicazioni sulle modalità stesse dell’intervento nel rispetto delle normative. Nella maggior parte delle aree inquinate si trova per lo più amianto, solitamente sulle coperture e sulle tubazioni. A Cassina de’ Pecchi lo abbiamo trovato anche sui serramenti. Dopodiché, bonificata l’area, si parte con la demolizione e la qualificazione del sito”.
In pipeline avete la riqualificazione di un milione di metri quadri di area abbandonate o dismesse
“Dopo l’intervento a Cassina de Pecchi e Vimodrone, ora abbiamo in programma l’ex area Galbani a Melzo. Dopo quasi tre anni dall’acquisto, finalmente si arriverà alla sottoscrizione dell’accordo, non senza avere profumo molti sforzi, perché il tempo trascorso per redigere tutto ciò che dal punto di vista burocratico era necessario è stato tantissimo. realizzeremo edifici a destinazione residenziale e commerciale. Un’altra area ancora sulla quale stiamo operando è a Bollate, un ex rottamaio, un’area da bonificare dove una parte di commerciale e una di residenziale”.
E di residenziale accessibile ce ne è quanto mai bisogno a Milano e nel suo hinterland
“Milano a breve, ma già ora lo è, diventerà una seconda City, considerato il valore al metro quadro degli appartamenti. Anche gli oneri comunali sono molto alti e le tempistiche sono importanti. Per chiudere un contratto con il Comune di Milano ci vogliono quattro o cinque anni e, di conseguenza, tutti i costi lievitano. Noi cosa abbiamo scelto di fare? Abbiamo scelto di andare ad operare nell’hinterland di Milano, bonificando e comprando le aree a prezzi accessibili e cercando di rigenerare nel modo più Green possibile, inserendo una parte commerciale che ci consente di andare sul mercato a vendere le case da 2500 euro fino a un massimo di 3200 euro al metro quadrato. A Cassina de’ Pecchi sono previsti 220 appartamenti. Abbiamo messo in vendita le prime tre torri e in 4 mesi abbiamo venduto 100 appartamenti”.
Perché così tanto e così in fretta?
“Perché i prezzi di vendita sono accessibili a tutti. La metropolitana è a un passo. Si tratta di famiglie di Milano che vanno a vivere lì, giovani coppie che magari abitavano con i genitori in centro città e si trasferiscono a Cassina, Vimodrone e Cologno perché più verde, perché le abitazioni hanno le medesime caratteristiche, ma si risparmia sul prezzo. Molte aree sono ben collegate, come la zona est di Milano. Altre andrebbero sviluppate come Monza e Vimercate. Con la metropolitana esploderebbe il mercato residenziale”.
Un grosso tema è rappresentato oggi dall’aumento dei mutui
“Andranno a scendere, ma in ogni caso cerchiamo di andare incontro ai potenziali acquirenti con formule speciali, ad esempio a Cassina abbiamo regalato i box. Una formula grazie alla quale tutti devono guadagnare: chi risparmiando sull’acquisto, chi, come noi, chiudendo più velocemente le transazioni”.
Cosa prevede il vostro piano industriale?
“Dopo avere chiuso il 2022 con 80 milioni di euro di giro d’affari e un utile di 10 milioni, continua la nostra forte crescita. Il nostro piano finanziario prevede la costruzione di circa 1400 appartamenti da qui al 2026-2027 nell’hinterland di Milano, a Bollate, Cassina, Melzo, Vimodrone, Legnano, Cassano d’Adda e Bergamo. Costruiamo solo se abbiamo venduto più della metà”.
Quali sono le criticità che incontrate maggiormente?
“La più importante è rappresentata dalla burocrazia e dalle sue tempistiche. Per chiudere un un progetto importante come Melzo, una società non può stare ferma tre anni con un investimento di milioni di euro. Il problema delle materie prime invece lo si affronta man mano. Il cantiere di Vimodrone aveva a budget 20 milioni di spesa ed è costato 2 milioni in più. Lo abbiamo gestito nel migliore dei modi. Innanzitutto acquistiamo noi tutta la materia prima e quindi riusciamo a recuperare e poi appaltiamo la manodopera. E questo è il problema più serio che andremo ad affrontare nei prossimi anni: non c’è più manodopera. In cantiere a Vimodrone abbiamo 85 persone, 11 sono italiani. Ovviamente il punto non è la nazionalità, ma il fatto che si faticano a trovare persone che abbiano voglia di fare questo tipo di lavoro. Bisogna saperlo fare. Gli immigrati sono per noi una grande risorsa. Oggi stanno lavorando con noi albanesi, rumeni, marocchini ed egiziani. ma loro stessi ci spiegano che che per i loro figli, che vivono in Italia da anni, immaginano un futuro diverso. Non andranno a fare questo lavoro”.
Un tema dunque generazionale al di là di tutto?
“Tutti gli incidenti che ci sono stati in Qatar per la costruzione degli stadi non sono stati provocati dalla mancanza di sicurezza, mancavano persone qualificate. Avremo anche noi questo problema. Questo è il tema che mi preoccupa di più”.