Un cambiamento culturale ancor prima che di impatto economico quello che porta il pubblico e il privato a lavorare insieme su progetti ‘di interesse pubblico’, che possono generare un valore importante per la città fino a 15-20 volte rispetto all’investimento. E se questa tipologia di intervento venisse considerata anche dal Pnrr, che oggi prevede solo il finanziamento del pubblico sul pubblico, allora la capacità di imprimere una forte accelerazione alla rigenerazione urbana sarebbe alla portata. Lo spiega a Pambianco Real Estate, Carlo Masseroli, head of Development & Strategy di Nhood Services Italy, società di servizi e consulenza immobiliare,che nasce dalla fusione, nel 2021, tra Ceetrus e Nodì, che opera in 10 Paesi del mondo con 330 asset in gestione, oltre 6 miliardi di euro di fatturato degli operatori retail e 10 miliardi di euro di fair value degli asset in gestione (in Italia rispettivamente 1,7 miliardi di euro e 2 miliardi).
Come è cambiato l’approccio con il tema della rigenerazione urbana?
“La rigenerazione urbana, la riqualificazione della città, negli anni ha avuto un’evoluzione importante. La relazione tra pubblico e privato è sempre stata complicata in passato. Perché il privato non coglieva il valore nel contruibuire all’interesse pubblico nella rignerazione urbana e considerava il suo apporto uno scotto da pagare. Il pubblico, dal canto suo, leggeva il privato come un soggetto che in qualche modo usurpava il territorio per un interesse speculativo. Una dinamica di scontro che otteneva degli esiti poco efficaci, nel senso che le regole che imponeva la pubblica amministrazione erano restrittive, riducevano i margini di manovra del soggetto privato e, di conseguenza, anche la sua capacità di investimento, incrementando i costi e riducendone l’impatto pubblico. A sua volta, il privato realizzava la parte pubblica in modo residuale rispetto all’intervento complessivo. Esisteva il concetto di ‘standard’, una dinamica di calcolo che non diveniva oggetto valorizzatore. La prima grande rigenevazione urbana della città di Milano è partita 40 anni fa con la Bicocca, dove le regole pubbliche hanno ridotto l’impatto positivo dell’intervento privato. Si è dato vita a due polarità eccellenti: università e teatro, ma per il resto il vuoto. E questo in conseguenza del vincolo a non fare commercio, che ha reso Bicocca una ‘non città’. C’è stata una correzione ex post. Da allora grandi passi avanti sono stati fatti a Milano, pensiamo a City Lige e Porta Nuova, i due interventi più iconici. Il punto di svolta è stato un Pgt che aveva l’obiettivo di rendere la città attrattiva e non si concentrava solo sulle cubature. Un cambio culturale, una svolta in risposta alla domanda. Tutti i progetti di trasfromazione della città sono figli di una domanda: “come possiamo fare per attrarre le persone a vivere a Milano e a farle stare bene”.
Quali soggetti o progetti hanno fatto scattare il cambio di approccio e di passo?
“Tutti i progetti di trasformazione della città sono figli di questa logica. Da un edificio ‘standard’ con un parchetto all’ombra, che alla fine diventa pericoloso, la rilettura avere una strategia di città, che abbia legami e punti di collegamento, come prevede il concetto dei raggi verdi dell’urbanista ‘giardinierie’ Andreas Kipar. In questo senso, ogni trasformazione è un tassello di una strategia. L’ulteriore passaggio avanti è stata l’introduzione di Reinventing Cities’, il progetto nato a Parigi che comprende oltre 40 città ormai. Un concorso che viene gestito intorno a sfide di interesse pubblico: circolarità, sostenibilità urbana, fattori attraverso cui vengono scelti i partner, sviluppatori con competenze verticali per la trasformazione della città. Questo, a mio avviso, è stato un passaggio essenziale, perché ha reso evidente, strutturata e formale la correlazione tra interesse pubblico e interesse privato. Ed oggi diventa chiaro che nelle trasformazioni urbane il valore privato cresce laddove l’interesse pubblico è garantito. La rigenerazione urbana ruota intorno al valore per la collettività e alla sostenibilità economica per il soggetto privato. Questi sono i due pilastri che ormai nella cultura generale sono fattori essenziali. Un progetto funziona se innestato in un sistema che genera interesse pubblico ed è correlato a un sistema pubblico più ampio. L’interesse pubblico non è più il parchetto nell’angolo che risponde al tema dello standard, ma l’interesse pubblico mi genera un valore privato”.
Un esempio?
“Se realizzo un parco laddove costruisco un edificio, perché il Comune mi obbliga a farlo, se il parco poi non è gestito gli alloggi perdono valore, proprio perché quello spazio verde può diventare un luogo di paura e non di vita. Oggi è stata sdoganato il concetto che il privato realizzi bene e gestisca la parte pubblica. Un passaggio fondamentale. Diventa così normale che il privato realizzi edifici vicino alle infrastrutture di mobilità, che per chi abita in città sono un fattore differenziante. Un passaggio che, nella storia degli ultimi 20 anni, ha compmetamente cambiato il concetto stesso di rigenerazione urbana. Oggi è evidente che, anche in una carenza di fondi pubblici, il valore pubblico lo si può creare con l’investimento privato. A Milano è chiaro. Deve essere fatto in modo che i processi amministrativi diventino coerenti con questa nuova visione. Milano è la città più avanti di tutte, ma Reiventing Cities lo fanno anche a Bologna, a Roma. Dinamiche che stanno entrando nel dna del paese”.
Da Cascina Gerola ai nuovi progetti all’interno della città. Quali sono le nuove esigenze abitative?
“Sono cambiate rispetto ad anni fa e portano dentro non solo l’aspetto costruttivo progettuale, ma anche quello sociale, di modalità di convivenza. Connettono gli aspetti di sviluppo urbano con quelli di gestione di ciò che viene realizzato. Cascina Gerola è partito come tentativo di intervento, rispetto al qaule è stata coinvolto Bell Group, una realtà che ci ha aiutato a scaricare a terra il progetto. Insieme continueremo a lavorare. Nella nostra storia abbiamo fatto un passaggio molto rilevante nel muoverci da un core business di Ceetrus Nhood che un tempo erano i centri commerciali fuori dalla città a quello che stiamo facendo oggi: rigenerazione urbana. Abbiamo due progetti iconici: uno è quello di Piazzale Loreto, dove partiremo entro l’anno con i cantieri, una trasformazione urbana non residenziale e la seconda è la proposta fatta a Ferrovie Nord di copertura dei binari: 50mila metri quadri di area dove oggi passano i treni, in centro a Milano, con i binari a cielo aperto. Abbiamo proposto la copertura di questi ultimi, l’allargamento del Parco Sempione, il rifacimento della stazione e la sostenibilità economica definita attraverso la realizzazione di edifici residenziali. Un progetto molto grosso, da 800 milioni circa che spinge tutto il tema del rapporto tra pubblico e privato. In questa traiettoria stiamo lavorando moltissimo all’individuazione di un’offerta abitativa contemporanea. Che oltre a spingere tematiche come quelle che abbiamo realizzato a Cascina Gerola, icome il co-living, spinge molto sul tema dell’alloggio in affitto e dell’affordability. A Milano è vero che i prezzi crescono e che c’è mercato, ma la traiettoria di medio periodo è che la città rischia di svuotarsi di alcune tipolgie di abitazione: se non c’è più spazio, ad esempio, per gli studenti universitari, se non disposti a pagare molto, la città si impoverisce. Un tema che riguarda tutte le grandi città. Secondo noi la risposta sta nella residenza in affitto, non solo come progettazione di prodotto, ma anche e soprattutto di gestione di quartieri e alloggi, dove l’oggetto alloggio diventa lo strumento di un insieme di servizi da offrire. Noi stiamo lavorando su una popolazione tra i 25-35-40 anni che ha esigenze di vita nella città che ha nuove esigenze di vita e rispetto alle quali la città oggi non ha offerte.
Come atterra il ragionamento di prima sul living?
“Atterra perché il soggetto privato, l’investitore privato ha bisogno di trovare un’offerta che, nello scaricarsi a terra, risponde al bisogno della città, oltre a quello di chi andrà ad abitare quei luoghi. Ne sono un esempio le cascine, ne sono un esempio i quartieri su cui stiamo facendo dei ragionamenti inediti, perché non abbiamo esempi per ora perché quelli che vediamo nascere, e che sono in procinto di essere definiti, sono tutti molto cari dal punto di vista della sostenibilità economica per chi dovrà viverci. Quellw del co-living resteranno sempre una soluzione di nicchia, che non rilevano dal punto di vista dell’impatto della città, ma lo fanno rispetto alla policromia di offerte. Tuttavia, l’impatto di alloggi e servizi accessibili che possono riguardare una parte della popolazione ha come fattore rilevante la rete dei trasporti pubblici: Milano è una città piccola, con 1 milione e 400mila abitanti, ad oggi. Non va letta in termini di confine amministrativo ma di trasporti. Faccio un esempio: Busto Arsizio ha treni che ogni 15 minuti partono dalla stazione e arrivano a Milano in 23 minuti. Ovviamente sono letture che portano con sè un rischio, ma dobbiamo immaginre che Busto Arsizio ‘sia’ Milano, che tra 15-20 anni deve leggersi come le grandi metropoli e considerare certe aree parte integrabte della città. Allora vanno creati servizi che non rispondano solo al bisogno di quelle famiglie che sono nate in quel luogo e lì resteranno tutta la vita, ma che si rivolgono a persone che hanno una nuova chiave di lettura della città, come la popolazione giovane. La multimodalità dei trasporti è molto cambiata. Una volta immaginare di spostarsi in bibicletta a Milano era abastanza impensabile. Oggi le stesse ‘app’ propongono la bicicletta tra le alternative. Il sistema di mobilità sta diventnado più flessibile, come il prolungamento delle metropolitane che fa diventare città quelle realtà che prima erano aree ‘fuori città'”
Un importante punto di svolta può arrivare con il Pnrr
“Abbiamo avanzato la proposta di copertura dei binari della stazione di Cadorna, per la prima volta in Italia, con lo strumento del parternariato pubblico/privato per fare rigenerazione urbana, cioè con una proposta di un proponente privato ad un soggetto pubblico, che parte da un interesse pubblico: in questo caso l’allargamento del Parco Sempione, la copertura dei binari e la sistema zione della mobilità all’interno della stazione. Un progetto di interesse pubblico proposto da un privato che si ripaga attraverso la generazione di volumetrie e dunque nuovi edifici urbani. Si tratta di un progetto da 800 milioni di euro. Nella proposta di partnernariato che abbiamo avanzato, rispetto alla quale abbiamo ricevuto la dichiarazione di pubblico interesse, che ci garantisce la prelazione nella gara che obbligatoriamente verrà fatta, di questi 800 milioni complessivi di investimento ne abbiamo chiesti 180 milioni a Regione Lombardia. Significa che ogni per euro di Regione, il pirvato arriva a complementarne 4-5. Immaginiamo che 200 milioni di regione, per semplificare, diventano 800 milioni. Nel progetto di Loreto abbiamo fatto fare una valutazione di impatto da uno spin off della Sapienza di Roma: cioè ogni euro investito quanto benessere econiomico fosse in grado di portare sul territorio. E’ emerso un moltiplicatore pari a 4. In Piazzale Loreto investiamo 8 milioni e la ricchezza generata sul territorio diventa 32 milioni di euro. Lo stesso accadrebbe a Cadorna: un euro pubblico diventano 4-5 complessivi, vuole dire che la ricchezza che si genera sul territorio è pari a 15-20 volte. Nella dinamica del Pnrr, purtroppo, è stato considerato solo il pubblico su pubblico. Posto che il Comune non sa fare rigenerazione urbana, perché non è il suo mestiere, e posto che i processi amministrativi pubblici sono incartati e che non c’è il valore aggiunto della competenza privato, il moltiplicatore resta ‘1’. Invece il partenariato pubblico e privato assicurerebbe una leva per 16-20 volte in termini di creazione di ricchezza.. Per gestire questi rapporti tra pubblico e privato servirebbe una decisione dello Stato forte sul Pnrr. Ma anche non venisse fatto sul Pnrr, sappiamo che con il progetto di Cadorna abbiamo ‘sfondato’ un muro e sono convionto che sia un meccanismo che possa funzionare”.