Dopo avere archiviato il 2022 con un fatturato di circa 50 milioni di euro, in netta crescita sul 2021, quando il giro d’affari si era attestato a 30 milioni, Bell Group guarda alle nuove opportunità di mercato da un punto di osservazione che è quello proprio dell’operatore ancor prima che dell’immobiliarista, avendo operato da sempre nel mondo della logistica. Oggi Bell è un gruppo “articolato” che si muove all’interno di un mercato trasversale. Lo spiega Cesare Lanati, Amministratore delegato del gruppo di gestione e sviluppo immobiliare.
Come è stato l’anno appena trascorso?
“Il 2022 è stato un anno particolare, ma sicuramente, per quanto ci riguarda, interessate e molto positivo. I numeri del gruppo sono in crescita: chiuderemo con un fatturato di circa 50 milioni di euro complessivi, in netta crescita sull’anno precedente, mentre affrontiamo un primo trimestre molto positivo. Siamo soddisfatti rispetto a quelle che sono le opportunità che stiamo finalizzando e rispetto a quello che è il riscontro degli investitori internazionali che, non nascondo, sul finire dello scorso anno, non hanno abbandonato l’interesse nei confronti del mercato italiano, come è accaduto in altri momenti di crisi. Si sono limitati a rallentare e hanno aumentato il loro valore di osservazione per arrivare a una definizione di intervento all’interno di nuove opportunità”.
Nessuno stop degli investimenti, dunque, ma solo un ‘wait and see’?
“Esattamente. Solo una indicazione di una maggiore attenzione e valutazione. Ma, ripeto, non assistiamo a nessun blocco nel nostro mercato. Questo è chiaramente per noi l’elemento più importante, perché sappiamo che il mercato del real estate italiano ha una componente di investitori internazionali che sicuramente ha cambiato il passo negli ultimi anni. E che è quello, che negli anni precedenti, avendo meno investitori internazionali, aveva un passo più tranquillo. D’altro canto, le accelerazioni avvengono quando arrivano masse importanti e pressioni da parte del mercato internazionale. L’inizio dell’anno ha visto riattivarsi l’interesse. Chiaro, dobbiamo essere tutti coscienti del fatto (parliamo come sviluppatori di asset che mettiamo a reddito per poi andare in cessione nel mercato degli investitori core) che qualcosa sul campo andrà lasciato, perché i tassi di sconto stanno sicuramente influendo sui valori di capitalizzazione che nel 2022, soprattutto nel primo semestre, sono stati particolarmente performanti. Detto questo sappiamo cosa è avvenuto nel mercato delle banche e quindi sappiamo che gli investitori core saranno un po’ meno generosi nella fase di acquisizione, ma sicuramente molto interessati a trovare opportunità di investimento”.
Questa rinnovata volontà a investire a cosa è dovuta?
“C’è una volontà di investire conseguente alla visibilità su quelli che potrebbero essere i livelli dei tassi di sconto delle banche centrali. Dunque c’è un po’ più di tranquillità rispetto al fatto che ci sono dei benchmark di riferimento un po’ più chiari. Certo, magari scontando un po’ l’ingresso in operazioni chiuse. Abbiamo partner con i quali condividiamo piani di sviluppo importanti, che non ci hanno posto alcun limite, alcun vincolo. Anzi, siamo stimolati a cercare nuove opportunità all’interno delle quali poi dare vita a piani di sviluppo”.
In quali settori in particolare?
“Abbiamo una certa trasversalità: dalle piattaforme logistiche al mondo retail con prevalente attenzione al mondo dei retail park stand alone, non ai centri commerciali. Abbiamo in essere anche sviluppi residenziali, anche con attività di dviluppo in partnership come quella con Nhood Services Italy. Sviluppiamo da sempre l’attività legata al mondo direzionale e degli uffici, rispetto a cui abbiamo due anime: da una parte siamo sviluppatori tradizionali, e dunque acquisiamo asset, li riqualifichiamo, li valorizziamo e li mettiamo a reddito. E poi, partendo da questa attività specifica, qualche anno fa mi sono reso conto di un mercato che si stava assolutamente modificando e che mi ha portato a fare una serie di valutazioni rispetto a quelle che potevano essere le nuove partnership. Abbiamo così chiuso un accordo con IWG, di cui siamo sviluppatori per una parte nel Nord Italia, ma anche gestori una volta realizzata la struttura degli immobili. Attualmente abbiamo tre strutture aperte a Cagliari, Varese e Trieste e stiamo completando quella di Como, che nella prima metà del mese di marzo vedrà la sua apertura. in questo caso siamo sviluppatori dell’asset immobiliare, ma anche gestori dell’attività”.
Chi sono i tenants?
“Il parterre, che ci dà ragione dei questo tipo di scelta, è sempre più alto; le multinazionale si sono rese conto che il maggior costo è compensato dalla flessibilità, dai servizi e dalla possibilità di delegare completamente: riconosco un canone mensile per l’ufficio e per tutte le facilities; le attività aggiuntive le pago per il tempo che le utilizzo e nulla in più. Abbiamo esempi a Trieste, dove la nostra struttura opera con un target di clienti di fascia medio-alta dal punto di vista dimensionale e dunque multinazionali internazionali, realtà nazionali di primaria importanza; e avremo a breve la presenza di una serie di attori istituzionali come un consolato europeo. Il target è completamente stravolto: qualche anno fa non avremmo mai immaginato un tipo di struttura come questa. Invece è completamente cambiata la logica. Realtà nazionali e internazionali vogliono tutti i servizi compresi e vogliono poter pagare tutto quello che serve, nei limiti in cui lo si utilizza. Tutto questo offre l’opportunità di grandi economie di scala. E’ vero che in termini assoluti il costo al metro quadro di una struttura temporary è maggiore. Nella realtà, quando si inseriscono tutte le voci di costo che sono contemplate in quella struttura, non è esattamente così.
Cosa sta accadendo al retail?
“E’ il settore che ha più risentito della crisi. In realtà, il ‘retail park’, che è il naturale sostituto dei centri commerciali, funziona. E’ una struttura multibrand che ripropone la logica del centro commerciale, con brand complementari tra loro e con quella prossimità che interessa al cliente finale, ma con una forte riduzione della componente dei costi di gestione che oggi sta pesando in modo irrinunciabile sui centri commerciali. Tutti, con pochi esclusi, stanno risentendo dei costi di gestione insostenibili. Invece, il retail park ha costi di gestione ridotti al minimo (parcheggio, illuminazione e poco di più). In alcune zone il trend di crescita resta elevato. Esistono poi aree trascurate originariamente, a vantaggio di mercati più ricchi, ma non per questo meno interessanti: la logistica ad esempio serve in tutta Italia, in tutte le aree geografiche”.
Quali sono le zone più interessanti?
“Oggi ci sono molte realtà di seconda fascia, e dunque città minori, che hanno subito meno l’aggressione dei grandi gruppi e dunque hanno quote di mercato che possono essere ancora soddisfatte. Oppure, ancora, aree che hanno una popolazione numericamente ridotta rispetto alla quale i retail park fanno da catalizzatori per territori che non sono mai stati interessanti per un soggetto specifico, ma che insieme, nel mercato del geomarketing, attraggono una massa di persone che numericamente ha senso. Non facciamo sviluppo al sud per ora, ma ci sono regioni come la Liguria sulla quale stiamo facendo attività di ricerca e reperimento di superfici di un certo numero di metri quadri per realizzare strutture multibrand che sono assolutamente mancanti”.
Il build to rent rappresenta una grande necessità. Per voi è un asset?
“Al momento il nostro sviluppo residenziale è tradizionale, ma sicuramente con i partner ad esempio di Nhood Services Italy, che hanno una visione non semplicemente di tipo speculativo ma anche sociale, stiamo valutando nuove opportunità. I grandi investitori internazionali hanno capito che nel prossimo futuro, per motivi diversi, la crescita esponenziale dei costi di acquisto allontanerà dalla possibilità di accedere all’acquisto fasce sempre più ampie della popolazione. Queste andranno alla ricerca di un prodotto da locale ma che abbia caratteristiche simili al prodotto in vendita. Sono molte le realtà strutturate, forti, che stanno portando a termine progetti con il solo scopo di mettere a reddito con una logica che, tempo fa, apparteneva al mondo assicurativo e che oggi appartiene a diversi player internazionali che lavorano nel nostro mercato. La logica resta quella di pagare un bene per l’utilizzo che se ne fa. Le giovani generazioni si allontaneranno sempre di più dall’idea della proprietà e del possesso. Non potendo acquistare la casa, vorranno un prodotto finito, arredato, chiavi in mano, con configurazioni differenti anche nel livello di spesa”.
La logistica è un asset class importante per Bell Group
“Noi facciamo gli sviluppatori immobiliari non da immobiliaristi puri, ma da ex operatori specializzati nel mondo del fresco e faremo tanto sviluppo anche legato alla intermodalità, all’interscambio tra rotaia e gomma e, se possibile, anche su nave. La logistica va a soddisfare un mercato che richiede di stoccare i beni e poi di trasportarli o viceversa. Non c’è una moda che si esaurisce se non un limite fisiologico legato alle dimensioni delle piattaforme logistiche. La logistica si sta trasformando con un travaso di tipologia di prodotto con una concentrazione di volume che richiede piattaforme sempre più grandi. L’e-commerce ha spostato volumi e traffici all’interno della logistica. ha dato un imprinting di crescita e accorpamento. Del resto,la logistica stessa è competitiva quando realizza grandi masse critiche”.