Sono 28 i progetti di cohousing attivi in Italia, localizzati tutti nel nord del Paese, di cui 21 di iniziativa privata e disponibili sul libero mercato. E’ quanto emerso da uno studio elaborato da Gabetti e Homers secondo cui il cohousing risponde alle criticità che attraversano la società contemporanea, andando a soddisfare le esigenze di socialità legate alla crescente percezione di solitudine abitativa ma anche quelle spaziali.
Secondo Gabetti, con il co-housing è infatti possibile disporre di ambienti extra e di qualità grazie alla redistribuzione dei costi di acquisto delle aree comuni, con un prezzo medio registrato nel campione in esame di 2.350 euro/mq.
La città dove si si è riscontrata la maggior concentrazione di co-housing è Milano: 6 sviluppi immobiliari per un totale di 324 unità abitative private e oltre 2000 mq di aree comuni. Questi spazi sono frutto di un percorso di co-progettazione, come la maggior parte dei progetti presi in esame, a dimostrazione del fatto che chi sceglie questa tipologia abitativa adotta un modello collaborativo sin dalla concezione di quelli che saranno gli ambienti da condividere con i propri vicini di casa, con un grado di personalizzazione del prodotto superiore agli standard di mercato.
Il caso di Milano riflette, per tanti aspetti, il profilo nazionale dei progetti di co-housing: si tratta infatti di edifici sostenibili con alte prestazioni energetiche sia di nuova costruzione sia di recupero (come borghi o cascine) abitati da comunità multigenerazionali. Sebbene l’estensione degli interventi sia molto variegata – passiamo da complessi di oltre 100 unità a piccole realtà di 5 – la superficie media degli alloggi risulta essere sempre intorno ai 100 mq e il taglio più diffuso è quello del trilocale.
Se a Milano la media degli spazi comuni è di circa 400 mq per intervento, la media nazionale raggiunge i 750 mq. L’incidenza di questi spazi sulla superficie totale è decisamente alta (il rapporto è di quasi uno a tre): si tratta sia di spazi coperti come laboratori per il bricolage, cucine attrezzate, sale comuni, spazi dedicati ai bambini e ragazzi, depositi e foresterie, sia di spazi scoperti come terrazze, giardini e orti. Questo dato è di forte interesse in quanto, più della metà degli italiani ritiene essenziale per la propria casa la presenza di un giardino o di un terrazzo.
“Il cohousing è un modo di abitare in cui riscoprire i valori della collaborazione e della cura reciproca, partendo dalle comunità di vicinato”, ha dichiarato Matteo Robiglio, direttore scientifico della ricerca, founder e board member di Homers. “Le ricerche mostrano infatti che i nuclei familiari sono sempre più piccoli e frammentati e sempre più famiglie – 3 milioni nel 2021 – si dichiarano insoddisfatte della propria abitazione. Questo ci impone di pensare a un modo diverso di abitare: un modello inclusivo capace di rinsaldare i legami tra le generazioni e che offra allo stesso tempo spazi su misura accoglienti, funzionali e belli. Homers cerca di interpretare questi cambiamenti con nuovi prodotti e processi, rispondendo alla domanda emergente di abitare condiviso in contrasto alla solitudine, integrando la casa privata con spazi e servizi di comunità. Proponiamo dei co-housing in cui riscoprire la bellezza di vivere insieme: più di un classico condominio, dei luoghi dove si conoscono i propri vicini di casa, ci si prende cura l’uno dell’altro, si dividono dei costi per avere degli spazi in più ma con la privacy di possedere ciascuno la propria casa. In aggiunta emergono nuovi desideri – il 58% degli italiani ritiene essenziale la presenza di uno spazio aperto domestico – e nuove priorità che devono trovare eco in una progettazione energeticamente efficiente sempre più attenta al rapporto con lo spazio esterno e all’ambiente”.
“Tra le nuove tendenze dell’abitare, il co-housing si posiziona certamente come una delle più interessanti alternative nel settore living, – dichiara Enrico Cestari, responsabile di Gabetti Home Value – una vera novità nel panorama abitativo italiano ma in veloce crescita: pensiamo che il cohousing avrà forti ripercussioni anche sul tessuto urbano delle città, modificandolo in parte. In questo senso, il co-housing rappresenta una valida opportunità per le iniziative di rigenerazione di edifici e aree in stato di abbandono – pensiamo ai grandi cascinali oggi in disuso, spesso di pregio storico – da restituire alla comunità. Indirizzandosi principalmente a coloro che intendono riprogettare la propria esperienza abitativa in nome della condivisione e dell’aggregazione, il vivere condiviso, si pone come un ulteriore modello che, insieme ad altri esempi di co-living, contribuisce a ridefinire il concetto dell’abitare e ad arricchire i modelli abitativi attuali. Crediamo che questo settore sarà tra i più promettenti nel medio-lungo termine.”