Duecento ventidue miliardi di euro destinati a investimenti e riforme di cui circa la metà legati a misure che interessano il settore delle costruzioni. Di questi, 98,1 miliardi sono le risorse, Pnrr e nazionali, già assegnate a livello regionale: Mezzogiorno 41,4 miliardi (42%), Nord Italia 40,7 miliardi (41%) e Centro Italia 16 miliardi (16%). Campania e Lombardia sono le regioni in testa con 11,5 miliardi di euro, seguite dalla Sicilia con circa 9 miliardi di euro e dal Veneto con 8,5 miliardi. I dati sono stati presentati in occasione del convegno nazionale di Ance Giovani.
Nel corso della giornata sono stati delineati gli ostacoli all’attuazione del Pnrr. In particolare, il problema del caro materiali: il 70% delle imprese non ha ricevuto alcun ristoro previsto dalle misure del Governo a copertura dei maggiori costi sostenuti a causa dei rincari dei materiali. Mentre il 73% ha denunciato che le opere messe in gara negli ultimi tre mesi non risultano adeguate ai prezzi di mercato.
Non solo. A preoccupare i giovani imprenditori edili ci sarebbe anche la capacità amministrativa della Pubblica amministrazione. “In 20 anni il numero dei dipendenti pubblici è calato del 7%”, hanno avvertito dall’Ance. “L’età media dei dipendenti pubblici dal 2001 al 2020 è costantemente aumentata, passando da 44,2 anni nel 2001 a 50,74 anni nel 2020. E nei prossimi dieci anni si attende un milione di pensionamenti nel settore pubblico pari a un terzo dei dipendenti pubblici attuali. Solo per assicurare un turnover al 100% del personale in uscita per pensionamento sarebbe necessaria l’assunzione annua di almeno 100mila unità per i prossimi dieci anni”.
A questi problemi si aggiunge quello della mancanza di manodopera. “Solo per il Pnrr servono 64.400 lavoratori dell’edilizia. Di questi, 53.800 sono da ricercare nella categoria degli operai e i restanti 10.600 tra impiegati e quadri”.
Senza considerare l’allarme demografico. Nel 2021, per la prima volta, le nuove nascite sono scese sotto quota 400mila. Nel 2019 l’Italia ha registrato il più basso patrimonio umano di popolazione under 25 nell’Ue28 (meno del 23%). Ed entro il 2050 gli over 65 potrebbero rappresentare il 35% del totale mentre i giovani under 14 supererebbero di poco l’11%.
“Nel 2021 in Italia la percentuale di giovani che non lavorano né seguono corsi di istruzione o di formazione ha raggiunto il valore più alto in Europa, il 23% contro una media europea del 13%”, hanno avvertito dall’Ance secondo cui nel Pnrr manca una politica specifica per il contrasto al divario nelle giovani generazioni. “In Italia appena il 2% (poco meno di 4 miliardi) delle risorse è destinato a misure dirette ai giovani, mentre in Francia, ad esempio, è il 12%. Servono politiche lungimiranti per un futuro dalle radici salde”.
Come fare dunque a superare queste difficoltà? Secondo i giovani imprenditori dell’Ance, bisognerà lavorare in modo rapido sul mismatch tra domanda e offerta aumentando le professionalità competenti e adeguatamente formate nel settore e innovando i percorsi educativi. Non solo. Si dovrà aumentare il numero di imprese qualificate valorizzando la parte virtuosa del settore. Allo stesso tempo occorre che la pubblica amministrazione faccia un salto di qualità con l’inserimento di nuove competenze che andranno formate con l’obiettivo di guardare al futuro. E’ indispensabile inoltre che la disciplina sulla qualificazione delle stazioni appaltanti sia un elemento essenziale al fine di razionalizzare ed efficientare le procedure di spesa. Infine, secondo Ance Giovani, la sostenibilità deve entrare a pieno titolo nell’elaborazione dei progetti e dei prezzari da parte delle stazioni appaltanti. Serve pertanto un approccio a 360 gradi dove coesistano sicurezza, sostenibilità, e redditività per l’impresa.
“Immaginare l’Italia dopo il Pnrr non è solo un esercizio di fantasia. Il 2026 è dietro l’angolo e dobbiamo assicurarci di non perdere questa occasione”, ha dichiarato il presidente Ance Giovani, Angelica Krystle Donati. “Ad oggi, il buon esito del Pnrr è a rischio a causa dell’emergenza prezzi e della crisi geopolitica, ma anche per le debolezze che negli ultimi decenni hanno limitato la crescita del Paese. Per far sì che i prossimi anni siano invece un trampolino di lancio verso un futuro di crescita equa e sostenibile, serve una programmazione a lungo termine, visionaria, e che agisca in modo tempestivo sulle problematiche strutturali del nostro Paese in generale e del nostro settore in particolare”.