Il 2023 vedrà una flessione rilevante degli investimenti in ambito immobiliare. Anche se nel secondo semestre dell’anno dovessero accelerare, dato abbastanza probabile, tuttavia, dopo il decremento riferito tra il 50-60% circa dei primi sei mesi, l’anno si potrebbe chiudere con una contrazione complessiva nell’ordine del 30% e gli investimenti attestarsi a circa 8 miliardi di euro in Italia, contro i 12 dello scorso anno. E se l’atteggiamento è di attesa da parte degli investitori, ci sono alcune asset class anticicliche. Nello specifico quelle dei servizi legati allo svago e alla cura. Ne abbiamo parlato con Francesca Zirnstein, Direttore Generale di Scenari Immobiliari.
Ci troviamo di fronte ad un mercato immobiliare che vede una contrazione degli investimenti nei primi due trimestri dell’anno, quali sono le ragioni?
“Se parliamo di investimenti, il primo trimestre di quest’anno ha visto un decremento importante, perché effettivamente i numeri complessivi hanno dato evidenza del fatto che siamo in un momento di difficoltà. Una difficoltà che, in realtà, ognuno legge a modo proprio. Il 2022 è stato un anno estremamente positivo da questo punto di vista, con obiettivi raggiunti molto alti; nel 2022 sono stati realizzati circa 12 miliardi di investimenti istituzionali. Ora, senza stare a considerare le differenze tra un trimestre e l’altro, si tratta mediamente di 3 miliardi a trimestre. Abbiamo chiuso il primo trimestre del 2023 con circa un miliardo di investimenti, qualcuno dice 900 milioni, qualcun altro 950; noi indichiamo 980 milioni di euro. Ma, in ogni caso, siamo sotto il miliardo. esattamente un terzo, il 33% in meno, rispetto ai tre miliardi che sono il nostro riferimento. Ora, da un lato è vero che dal punto di vista degli investimenti siamo in un momento di attesa, perché l’inflazione si attesta ancora su livelli elevati, pur più contenuta, ma non quanto indicavano le aspettative di circa un anno fa. Nella metà del 2022 si diceva che nella metà dell’anno successivo, verso la fine del 2023, avremmo visto un decremento importante dell’inflazione. C’è stato sì, ma non importante come ci si aspettava. Dall’altra parte, la revisione delle politiche di rialzo dei tassi di interesse, che sono state praticate dalla Banca Centrale Europea, evidentemente hanno avuto un effetto importante: elevare il costo del denaro, con tutte le conseguenze del caso su investimenti che non sono fatti totalmente a equity, ma in parte anche a debito”.
Qual è la ricaduta nello specifico, oltre a innalzare il costo del finanziamento?
“Innanzitutto diventa più difficile riuscire ad avere il finanziamento stesso. Questo è un dato di fatto. Gli istituti di credito continuano a sostenere di essere disponibili, in realtà non si è mai visto in passato che in un momento di difficoltà continuassero a finanziare con lo stato d’animo dei momenti più positivi. Quindi, indubbiamente, la possibilità di ricorrere al debito è limitata da un lato da rialzo dei tassi, e dunque dal costo sostanzialmente del denaro, ma è limitata anche dalle banche stesse, dal fatto che gli istituti mettono in atto delle azioni di maggiore controllo da questo punto di vista”.
Cosa possiamo aspettarci nel resto dell’anno?
“Se consideriamo non tanto le operazioni ‘core’, quanto quelle che hanno obiettivi di valorizzazione, e dunque ‘value added’, c’è ancora il tema dell’aumento molto importante del costo dei materiali e dell’energia e quindi, conseguentemente, dei costi di costruzione. Anche se questi ultimi sono andati diminuendo, ormai si è raggiunto un posizionamento rispetto al quale è difficile tornare indietro. In questo clima di generale incertezza, con tutte le misure che sono state adottate per contrastarla, probabilmente assisteremo nei prossimi mesi a un incremento degli investimenti rispetto a quello che è stato l’andamento del primo trimestre. Certamente, il 2023 non sarà un anno memorabile, a meno che non succeda qualcosa di eccezionale, per quanto riguarda il mercato degli investimenti in Italia. Un po’ di fermento c’è, operazioni in attesa ci sono, la pipeline è ancora abbastanza importante in tanti settori, però in questo momento tenere a bada il profilo di rischio è la cosa più importante. Poi la liquidità è quella che è”.
Possiamo dunque definire questa situazione come una flessione reale oppure soltanto uno stato di attesa?
“Sull’anno sarà sicuramente una flessione reale, ma temporanea. Non credo assolutamente che l’industria immobiliare e il mercato degli investimenti vedranno un ridimensionamento di lungo periodo: dal punto di vista strutturale non credo ci sarà nessun cambiamento. Anzi, il tipo di approccio della domanda, la necessità di avere e di poter investire in immobili riqualificati, il tema Esg, le tematiche verso cui ci porta all’Europa, la solidità del comparto di per sé, credo che siano buonissimi segnali per quello che è l’andamento strutturale. Però, rispetto all’andamento congiunturale, non si può non riconoscere che effettivamente il 2023 non sarà ricordato per gli investimenti. Se poi alla fine dell’anno avremo una contrazione del 20% o del 25%, poi lo vedremo più avanti. Io non credo che andremo oltre il 30% in meno, che vorrebbe dire chiudere intorno agli 8 miliardi di euro di investimenti.
Entriamo nel dettaglio delle varie asset class
“Il rallentamento è generale. Ce ne sono naturalmente alcune, da questo punto di vista, che nel 2022 e nel primo trimestre 2023 si sono difese meglio delle altre, come ad esempio la logistica che è andata benissimo lo scorso anno, ma anche nel primo trimestre dell’esercizio in corso. Nel 2022 abbiamo assistito a una forte ripresa del settore degli uffici, ma il primo trimestre di quest’anno non è stato positivo per il comparto. Tuttavia, ritengo che nel corso dell’anno si tornerà a livelli più interessanti. Anche per quanto riguarda il living, per la prima volta nel 2022 si era arrivati in Italia a circa un miliardo di investimenti, molto alto per la realtà domestica. Non tanto in relazione al residenziale per le famiglie, quanto alla locazione gestita e a tutte le altre forme di residenzialità come il social housing, gli studentati, mentre il senior living è una realtà praticamente inesistente a livello nazionale,
Poi c’è tutto il mondo degli alternativi. Possono essere anticiclici gli investimenti in questo settore?
“Sì e soprattutto è un tipo di investimento che va a inserirsi nell’ambito dei servizi. Oggi i servizi sono il valore aggiunto di qualsiasi tipo di operazione di trasformazione. Nell’ambito della rigenerazione e trasformazione di nuove costruzioni, ad esempio dei centri commerciali o del commerciale di grandi dimensioni, l’abbinamento con spazi per funzioni e servizi è diventato assolutamente necessario”.
Cosa si intende?
“Spazi per la cura e spazi per il divertimento: queste sono le due grandi famiglie, le asset class alternative. Quindi spazi per la cura che non sono nella realtà, ad esclusione di pochi casi, veri e propri ospedali, che seguono tutto un altro canale, essendo dimensioni di investimento elevatissime. Quello che è accaduto a Milano con l’Ospedale Galeazzi a Mind, è un caso isolato. Abbiamo certamente un comparto edilizio – ospedaliero che ha tanta necessità di riqualificazione, però questi sono tipi di investimento che in buona parte passano attraverso la mano pubblica. Però c’è anche tanta parte di offerta immobiliare sulla quale un po’ di investimenti stanno arrivando che è quella della piccola iniezione di superfici all’interno di altri ambiti, a sostegno di altri tipi di sviluppo Immobiliare, dunque complementari: una asset class ‘vincente’. Sono interventi caratterizzanti anche per le città all’interno delle quali si innestano, soprattutto negli ambiti semicentrali, se non periferici, che sostituiscono il commercio di vicinato la cui venuta meno rappresenta un problema enorme e reale, perché significa anche meno presidio e dunque sicurezza: un buon presidio fatto di negozi mantiene, lo ha sempre fatto anche in passato, occupato un ambito territoriale, una parte di città. E oggi parte di questi spazi diventano servizi che, se strutturati, rientrano negli investimenti alternativi. Un esempio? Nel centro riaperto vicino all’Aeroporto di Fiumicino, una buona parte di superficie è dedicata al tempo libero. Verranno aggiunti anche spazi per la cura, spazi medici: si tratta dunque di spazi che vengono ricavati all’interno di grandi operazioni, o anche più ridotte, come i piccoli parchi commerciali all’interno delle città. Con svago e divertimento facciamo riferimento ad esempio alle sale cinematografiche inserite all’interno dei centri commerciali, la cui riuscita, tuttavia, ad eccezione di Milano per la grande attenzione dei milanesi nei confronti del cinema, non è stata quella che ci si aspettava. Ma anche a spazi dove si paga un biglietto per poter entrare e fare delle esperienze, come ad esempio dalle fotografie, scatti da portare sui social, un vero e proprio trend nel tema della esperienzialità”.
Perché non si riesce a sviluppare in Italia il tema del senior living?
“Non si riesce per adesso. Bisogna ragionare su due livelli: uno è quello del lusso e lì si può fare tutto. L’idea ad esempio di rivitalizzare il tessuto ricettivo di Chianciano Terme è bellissima e anche affascinante, ma perché torni a essere vivace, vissuta e vivibile una realtà come quella ci vuole un investimento estremamente importante. Un operatore veramente capace, specializzato, ma con una capacità di investimento adeguata. In generale possiamo dire che nel mondo del lusso le operazioni sono sempre sostenibili, c’è sempre un ritorno, ma questa è una parte piccolissima della domanda anche se molto importante per il nostro mercato, il cui territorio ha una bellezza unica: non esiste altro posto al mondo che abbia così tante location specifiche per l’ospitalità e la stessa cosa potrebbe essere per un’offerta di lusso per residenze per anziani autosufficienti. Poi esiste tutto il mondo della domanda media, che è la grande parte, ed è anche quella rispetto alla quale, a mio parere, bisognerebbe lavorare perché darebbe veramente un valore aggiunto in termini di ritorno al Paese. Pochi investitori sono portati a lavorare in questo campo, perché il canone medio mensile che gli utilizzatori potrebbero permettersi di sostenere, e non sto parlando di canoni di calmierati, ma canoni di mercato in un livello di domanda media, porterebbero a ricavi che, se anche pensati nel lunghissimo periodo, non sono sufficienti servirebbe il famoso ‘operatore paziente’. Non vogliamo ancora dire che sia per forza ancora una volta Cassa Depositi e Prestiti, ma qualcuno che riesca a lavorare con un’ottica di lunghissimo periodo e di ritorni estremamente limitati. Chiaramente, nel momento in cui questo tipo di mercato si dovesse mettere in moto, si creerebbero delle situazioni di contorno, per non dire di nuovo delle economie di scala, tali per cui sarebbe anche più facile trovare altri operatori, ma in questo momento è molto difficile. Il calcio d’inizio è complicatissimo. Il Pnrr può aiutare gli investimenti negli studentati, sui quali in Italia si sta lavorando da tanti anni, ma sul Senior Living siamo ancora troppo indietro”.