Come nasce la collaborazione con Archea?
“Modourbano ha un’esperienza consolidata con Archea, poiché sia io che il mio socio Marco Zuttioni abbiamo collaborato con lo studio Archea a Firenze. Marco ha sviluppato il mercato cinese per loro, mentre io mi sono concentrato su quello arabo. Successivamente, ci siamo trasferiti a Milano agli inizi degli anni ’10 e abbiamo deciso di avviare la nostra struttura. Abbiamo mantenuto costantemente i contatti con Archea, collaborando principalmente nell’ambito delle attività culturali dello studio. All’inizio di quest’anno, Archea ha manifestato l’esigenza di espandere il proprio studio a Milano, sia in termini di personale sia dal punto di vista commerciale e di leadership sulla città. Considerando la nostra esperienza nella progettazione di uffici e spazi retail, abbiamo ricevuto la proposta di unire le nostre risorse per promuovere la crescita di entrambe le entità. Abbiamo visto questa opportunità come un’operazione contemporanea e sostenibile per realizzare progetti non solo a Milano, ma anche in altre città del mondo. Inoltre, abbiamo notato una somiglianza nei linguaggi architettonici tra i due studi, influenzati anche dalla nostra formazione con Archea”.
“Abbiamo iniziato a operare nel settore degli uffici nel 2010, vincendo una gara di restyling per le filiali di CheBanca, mentre precedentemente ci eravamo concentrati sulla progettazione di grandi edifici con un forte accento sull’architettura. Questo ci ha portato a studiare il mondo bancario in dettaglio e a collaborare con diverse società, inclusa Ing. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, abbiamo condotto numerose ricerche poiché il modo di lavorare è notevolmente cambiato, influenzando anche le nostre modalità di progettazione. Ciò ci ha permesso di esplorare le differenze culturali e di approcci nei luoghi di lavoro, specialmente negli Stati Uniti, dove abbiamo focalizzato la nostra ricerca sull’architettura e sullo smart working. Questo ci ha anche offerto l’opportunità di presentare progetti di ricerca alle aziende, come il prototipo che stiamo attualmente sviluppando per Ing Bank a Milano, incentrato sull’hybrid working”.
Come sono cambiati gli spazi di lavoro?
“Siamo passati dalla considerazione fatta dalle aziende di avere un 20% in meno di personale in ufficio e dunque dalla necessità di liberare spazi, ma questa tendenza è stata breve. Noi sostenevamo che la vera direzione fosse quella di creare spazi comunitari e individuali, dove ognuno potesse svolgere attività anche simili a quelle fatte a casa durante il lockdown, come fare chiamate, leggere o dedicarsi alla cura delle piante. Abbiamo quindi integrato queste idee, creando spazi lavorativi simili a quelli residenziali, con un angolo dedicato al lavoro, ma mantenendo lo stesso senso di routine lavorativa all’interno dell’ufficio. Attualmente, molte aziende ci contattano perché vogliono far tornare i dipendenti in ufficio e desiderano creare ambienti più sociali e accoglienti, che richiamino l’ambiente domestico. Questo perché desiderano offrire una maggiore personalizzazione degli spazi lavorativi, simile a quella che di necessità ci si è ricreati nel proprio appartamento”.
In questo ambito state verificando una contrazione del mercato?
>”Assistiamo ad una sensibilità diversa da parte delle aziende nei confronti dei propri dipendenti. Questo fa sì che il mercato delle ristrutturazioni si muova costantemente”.
Lato retail?
“Ci siamo principalmente concentrati sul settore bancario e assicurativo, ambito che sta subendo profonde trasformazioni. Se, ad esempio, fino a poco tempo fa le principali arrività delle banche erano quelle di sportello e cassa, ora le attività all’interno delle filiali bancarie sono radicalmente cambiate, con un focus maggiormente orientato alla Private Banking e alla consulenza sugli investimenti. Di conseguenza, anche gli spazi all’interno delle filiali richiedono una nuova configurazione. I tradizionali banconi e i bancomat stessi stanno diventando obsoleti, poiché l’uso di banconote e contanti è sempre più raro. Di conseguenza, i grandi spazi destinati ai banconi e ai bancomat sono sempre più ridotti e relegati in un angolo. Attualmente, chi va in banca ha bisogno di parlare con il proprio consulente di fiducia, mantenendo un alto livello di confidenza. Pertanto, lo spazio all’interno delle filiali si adatta a questa nuova funzione. È importante notare che se il numero di filiali diminuisce, le dimensioni dei singoli uffici aumentano, poiché c’è una maggiore richiesta di uffici chiusi e di maggiore privacy. Sfatato dunque il pensiero che quella delle filiali bancarie stesse diventando un’attività desueta: in realtà hanno semplicemente cambiato funzione”.
Puntate molto sulla sostenibilità: come si traduce in termini di progettazione?
“La normativa vincola abbastanza, in questo momento, per quanto riguarda le nuove costruzioni. La spinta del legislatore è forte. Per quanto ci riguarda, la sostenibilità non è un racconto, non abbiamo necessità di mostrare il verde o qualche tecnologia in particolare. Fa parte della progettazione stessa. Cerchiamo di fare studi importanti sull’esposizione, sul benessere delle persone nei luoghi che progettiamo. Qualcosa che sia sostenibile a 360 gradi non deve essere una implementazione in termini di storytelling, ma diventa essenziale nel momento stesso in cui inizia a prendere vita sulla carta”.
Operate anche nell’asset alternative dell’healthcare
“Abbiamo avuto l’opportunità, con il Pnrr, di realizzare progetti di case di comunità in Toscana. Ci siamo affacciati a questo mondo ed è stato molto interessante. Le case di comunità, non essendo veri e propri ospedali, hanno una dotazione di tecnologia limitata. Piuttosto hanno un impatto sulle persone e sulla comunità importante. Abbiamo creato spazi rivolti all’utente, attenti all’ambiente circostante e alle città all’interno dei quali sono inseriti i progetti: Pitigliano e Massa sono i primi due”.