Quando l’investimento immobiliare finalizzato a rigenerare un sito incontra un’avventura imprenditoriale di impronta olivettiana, il risultato può essere la rinascita di un quartiere industriale, votato all’innovazione. Senza abbattere, senza distruggere ma restituendo vita e storicità. Sta accadendo a Ivrea, proprio nelle ex fabbriche Olivetti, le Officine ICO. All’origine dell’operazione, nel 2018, la decisione di una cordata di 20 imprese riunite in Icona di acquisire il sito abbandonato per 2 milioni di euro e un investimento per la prima fase di ristrutturazione di 7 milioni di euro. Il progetto viene affidato a Cino Zucchi, con la precisa volontà di farne, evidenzia Andrea Ardissone, presidente di Icona, “di restituire vita alla fabbrica in quanto tale, ma anche come luogo di socialità”.
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L’area, ‘Patrimonio dell’Umanità’ Unesco, si affaccia su via Jervis, include il nucleo originario della Olivetti, la celebre ‘Fabbrica dei mattoni rossi’, e i successivi quattro ampliamenti per un totale di circa 50.000 mq edificati fra il 1898 ed il 1958. Fin qui l’investimento immobiliare. Nel 2019 nasce l’Innovation Hub con la sigla del primo memorandum di intesa per portare il modello di sviluppo locale, messo a punto nel comasco da C.Next, in Canavese, nel quale la stessa Icona reinveste.
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Nasce la società benefit C.Next Ivrea, con un capitale sociale di 500.000 euro. Una compagine societaria attualmente composta appunto da Icona e C.Next, ma aperta all’ingresso di nuovi soggetti, con un obiettivo di pareggio di bilancio al 2027 e ricavi superiori al milione di euro. Oggi sono stati occupati i primi 1.500 i metri quadri, all’interno dei quali si sono insediate otto realtà innovative. Altre 10 realtà faranno il loro ingresso entro il 2024 in C.Next Ivrea. Una media che verrà mantenuta, secondo il piano industriale, anche negli anni successivi, per arrivare a una superficie a disposizione di 9.000 metri quadrati e che, ovviamente, sarà man mano rigenerata.
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Quello che si è insediato e che crescerà nel polo olivettiano è un modello imprenditoriale messo a punto da C.Next di innovation transfer ‘da impresa a impresa’ in grado di attivare team di lavoro a geometria variabile. L’esperimento ‘zero’ è stato realizzato nel comasco, a Lomazzo. Ivrea rappresenta la prima messa a terra ed è replicabile. Tanto che C. Next sta valutando una serie di aree su tutto il territorio italiano dove dare vita a operazioni simili: rilevare siti industriali da rigenerare e innestarvi realtà ad alto potenziale di innovazione. Sul tavolo, attualmente, le aree della ex Alfa Romeo di Arese, della ex De Agostini di Novara, una fabbrica abbandonata ad Ascoli dove si producevano matite di grafite. “Portiamo il mondo nel territorio e il territorio nel mondo” sottolinea Stefano Solianio, CEO di C.Next. “In Italia esistono diversi poli di innovazione. la maggior parte dei quali dalla forte connotazione immobiliare. Così stava accadendo anche al polo di Lomazzo (un ex colorificio dell’800). Per i primi anni ci siamo limitati a ‘riempire gli spazi’. Ma la ricaduta sul territorio non era particolarmente espressa, nonostante vi fossero in cordata soci pubblici e soci privati. per portare davvero valore sul territorio, abbiamo dato vita a un modello di collaborazione pensando alle aziende non tanto come locatori, quanto di ‘fornitori di competenze’, insieme al contributo delle università”.
Qui la svolta, che Soliano riassume con un passaggio “da condominio a comunità di innovatori”: le società condividono non soltanto gli spazi, ma anche opportunità di business.
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Amministratore di C.Next Ivrea è Alberto Carpaneto: “ci aspettano ancora molte sfide per generare davvero sviluppo sostenibile grazie all’innovazione e per avere un vero impatto nel territorio. In base all’esperienza maturata sul campo, che il Canavese può tornare ad essere un territorio attrattivo a livello almeno nazionale per tutte le iniziative di innovazione, imprenditorialità e crescita sociale”.
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